Nessuno dovrebbe uscire dalla scuola dell’obbligo senza aver acquisito, tra le altre, le competenze digitali necessarie ad esercitare appieno i propri diritti umani e di cittadinanza.
Di competenze digitali si è parlato giovedì scorso a Bruxelles alla conferenza annuale della Digital Skills and Jobs Coalition, la coalizione europea che riunisce stati membri, istituzioni, aziende e organizzazioni impegnati ad affrontare il tema lungo quattro assi principali: quello della formazione (Digital skills in Education), quello del lavoro (Digital skills for the Labour force), quello delle competenze professionali specifiche (Digital skills for ICT professionals), e quello degli individui (Digital skills for all).
Da settembre la coalizione si è dotata di un Governing Board, che ad oggi si è riunito 3 volte, per organizzare i gruppi di lavoro e per impostare le riflessioni preliminari che sono state oggetto dell’incontro di giovedì scorso a Bruxelles con Mariya Gabriel, commissaria europea per l’economia digitale e la società. Ho l’onore di far parte di quel comitato e di coordinarne i lavori relativi al tema Education.
La Coalizione non ha il potere di risolvere i problemi, ma, essendo aperta al coinvolgimento di tutte le parti interessate, può (o meglio, deve, per mandato) provarci, proponendo strategie ed individuando soluzioni che possano essere attuate dai membri stessi della coalizione e portate all’attenzione del Parlamento europeo e dei governi.
Le quattro dimensioni lungo le quali si articola il mandato del Governing Board hanno pari dignità e confini sfumati, perché si influenzano a vicenda, perché riguardano gli stessi individui e le stesse realtà, e perché manifestano esigenze altrettanto urgenti che vanno affrontate subito. Ma l’asse Education non è solo uno degli assi lungo i quali analizzare ed affrontare le esigenze, è anche quello chiamato ad offrire soluzioni strutturali ai problemi di competenze che affliggono ogni altro asse. Il sistema scolastico e formativo, infatti, è prima di tutto la più grande risorsa di cui disponiamo per prepararci ad affrontare presente e futuro e l’obbligo scolare è uno dei fondamenti della nostra democratica.
Ecco perché nessuno dovrebbe lasciare la scuola dell’obbligo senza aver acquisito le competenze digitali necessarie ad affrontare la vita, utilizzando efficacemente e consapevolmente le tecnologie dell’informazione e della comunicazione per esercitare attivamente la propria cittadinanza, esprimere le proprie idee, accedere ad informazione plurale, cogliere le opportunità che si presentano e realizzare se stesso. La stessa definizione di competenze digitali merita di essere discussa e non si presta a redigere elenchi chiusi, ma esistono quadri di riferimento che offrono un buon punto di partenza e rendono evidente la varietà e l’interdisciplinarità delle competenze elencate.
C’è una comune consapevolezza dell’esigenza di agire subito, intraprendendo sia azioni a breve termine per far fronte ad emergenze contingenti, sia azioni di lungo periodo che ambiscano a cambiamenti strutturali. Senza attendere riforme e finanziamenti occorre iniziare da ciò che c’è: strumenti, risorse, azioni, persone. Dobbiamo mettere a sistema le reti di competenze e di interesse, i sistemi di certificazione, le buone pratiche replicabili, gli impegni concreti assunti da soggetti pubblici e privati (qui l’elenco degli impegni, pledge, già assunti dalla coalizione), la presenza nel territorio di biblioteche, associazioni e centri culturali, le competenze interne alle aziende e, soprattutto, il sistema scolastico e universitario.
Esigenze e strategie
Dopo la scuola dell’obbligo occorre intervenire sulla domanda. Bisogna attrarre e motivare più giovani, soprattutto più ragazze, ad intraprendere studi tecnico-scientifici (STEM). Al tempo stesso, occorre offrire competenze digitali di base e consapevolezza agli studenti che hanno intrapreso altre strade.
Nella scuola dell’obbligo occorre investire sugli insegnanti, che hanno la capacità di moltiplicare a beneficio dei propri alunni presenti e futuri l’impatto delle azioni di cui sono essi stessi beneficiari. I piani di formazione dei docenti, le piattaforme che offrono un confronto internazionale tra insegnanti (quale eTwinning), i MOOC che danno libero accesso alla formazione su larga scala (come quello che ospita questo post), le azioni di mentoring e tutoring offerte da aziende e università, sono esempi di investimenti in questa direzione.
Cosa c’entra il coding?
Nel dibattito sulle competenze digitali si è parlato molto di pensiero computazionale (inteso come capacità di concepire procedimenti costruttivi per risolvere problemi e realizzare idee, descrivendoli in modo talmente rigoroso da poterne affidare l’esecuzione ad un esecutore ideale), riconoscendone la valenza di competenza trasversale abilitante, in quanto agevola l’acquisizione di altre competenze e favorisce l’uso consapevole delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Il coding (inteso come uso didattico e ludico di strumenti di programmazione visuale a blocchi e di attività unplugged ispirate alla programmazione) offre agli insegnanti nuovi strumenti metodologici trasversali che possono essere applicati alla didattica favorendo lo sviluppo del pensiero computazionale durante lo studio di altre discipline.
L’informatica è la scienza che si occupa dell’elaborazione automatica delle informazioni e dalla cui applicazione nascono tutte le tecnologie che oggi chiamiamo digitali. E’ essenziale riconoscere l’importanza di questa scienza e darle spazio nei programmi scolastici. L’informatica comprende la programmazione dei calcolatori, il cui insegnamento richiede competenze specifiche.
Qualunque sia il nome che si preferisce dare ai tre elementi citati qui sopra, ritengo fondamentale riconoscerne la centralità nel contesto delle competenze digitali e apprezzarne le peculiarità, che fanno del coding un’attività da praticare, dell’informatica una disciplina da insegnare, del pensiero computazionale un soft skill da acquisire.
Con questo schema in mente, che conferma e sostanzia il modello elaborato lo scorso anno, ritengo che si possa affrontare in modo più consapevole il problema delle competenze digitali, anche quando queste riguardano ambiti non strettamente informatici.
Le prime iniziative lanciate a Bruxelles
Maryia Gabriel, durante il suo intervento alla conferenza di Bruxelles, ha lanciato due iniziative concrete.
Digital opportunity: un nuovo programma di tirocini internazionali nell’ambito Erasmus+ che mette a disposizione 6000 borse di studio per consentire a studenti di ogni disciplina di svolgere un tirocinio che permetta loro di sviluppare sul campo e mettere alla prova competenze digitali utili alle imprese.
CodeWeek nel 50% delle scuole entro il 2020: una vera e propria sfida che la commissaria europea ha lanciato ai CodeWeek Ambassadors degli stati membri. Si tratta di un obiettivo chiaro al quale corrisponde un appello all’azione lanciato a chiunque possa contribuire a raggiungerlo. L’idea di Mariya Gabriel, che come sapete condivido appieno, è che CodeWeek possa essere utilizzato nelle scuole per rompere il ghiaccio, in quanto il coding offre attività inclusive e gratificanti che fanno emergere coinvolgimento, divertimento, passione, creatività, senso critico e lavoro di squadra. Dopo averlo sperimentato in classe, difficilmente lo si dimentica.
Nel frattempo in Italia
Il MOOC sugli Algoritmi digitali, offerto dall’Università di Urbino a studenti delle scuole superiori e a studenti universitari iscritti a corsi di studi che non prevedono la programmazione, è nato proprio per rispondere all’esigenza di offrire competenze digitali di base a studenti non-STEM, affinchè possano cogliere le digital opportunities.
La partecipazione dell’Italia a Europe Code Week e a Hour of Code non ha eguali nel mondo, segno evidente della capacità e della volontà di migliaia di insegnanti di praticare il coding con i propri alunni anche laddove non sia ancora previsto l’insegnamento dell’informatica. Ma ciò che è ancora più evidente è l’impatto che le campagne di sensibilizzazione e alfabetizzazione hanno, quando vengono usate come apripista nella scuola.
CodeMOOC, il corso online aperto e gratuito offerto dall’Università di Urbino per aiutare gli insegnanti a praticare consapevolmente il coding in classe, è sempre attivo e ha superato i 20000 iscritti.
Il Consorzio CINI ha elaborato una Proposta di Indicazioni Nazionali per l’insegnamento dell’informatica nella scuola, che è stata presentata il 6 dicembre a Roma e che è in corso di pubblicazione.
Il MIUR sta raccogliendo manifestazioni di interesse alla costruzione di un Curriculum di Educazione civica digitale e di un sillabo da mettere a disposizione del sistema scolastico.
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E, in qualità di docente, voglio ben sperare: se non ora, quando?